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Newsletter n. 5/2022

Processo agli avvocati in Turchia

Fra i 62 avvocati che il 7 ed 8 novembre hanno assistito come osservatori a due udienze del processo a ventidue colleghi turchi presso il Tribunale di Istanbul erano presenti anche il presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Brescia, avv. Fausto Pelizzari, e la consigliera avv. Adriana Vignoni.


La missione è stata promossa dall’OIAD (Observatoire International des Avocats en Danger), organizzazione internazionale che ha come oggetto la difesa degli avvocati minacciati a causa dell’esercizio della loro professione e la denuncia delle pratiche che attentano ai diritti della difesa. Fondato nel 2015 su iniziativa del Conseil National des Barreaux, dell’Ordre des Avocats de Paris, del Consejo General de la Abogacía Española e del Consiglio Nazionale Forense, all’Osservatorio ha aderito fin da subito il nostro Ordine, facendo proprie le idee alla base dello statuto. Perché, purtroppo, i principi che fondano lo Stato di diritto e che rappresentano le basi per la tutela dei diritti individuali non solo sono sempre sotto attacco, ma in alcuni Paesi arrivano al punto di aggredire i diritti e la persona del difensore. Così come testimonia la vicenda giudiziaria della quale sono stati osservatori i nostri due colleghi bresciani.  Il processo, infatti, è stato instaurato nei confronti di ventidue avvocati, in maggioranza appartenenti al CHD (“Associazione degli avvocati progressisti”), che promuove il rispetto dello Stato di diritto, ed i cui aderenti hanno difeso oppositori politici curdi ovvero le famiglie delle vittime dell’esplosione della miniera di Manisa, avvenuta nel 2013, la cui gestione apparteneva a soggetti vicini al presidente Erdogan.


A diverso titolo, a ciascun avvocato – imputato sono state contestate violazioni della legge antiterrorismo, le cui disposizioni, tuttavia, appaiono non sufficientemente specificate. L’art. 1 di tale legge  qualifica come “terrorista” “ qualunque atto commesso da una o più persone che appartengono ad una organizzazione che ha come obiettivo la modifica delle caratteristiche della Repubblica indicate nella Costituzione, ovvero il suo sistema politico, giuridico, sociale, laico o economico, ovvero attentare all’unità indivisibile dello Stato, del suo territorio o della sua nazione, ovvero mettere in pericolo l’esistenza dello Stato turco e della Repubblica, indebolire o distruggere l’esistenza dello Stato ovvero impossessarsene, eliminare le libertà e i diritti fondamentali, attentare alla sicurezza interna o esterna dello Stato, ovvero alla salute o all’ordine pubblico per mezzo della forza, della violenza, ovvero mediante pressioni, intimidazioni, repressioni o minacce.”


La definizione di atti terroristici da parte della norma è estremamente vaga, quanto estesa, e non consente la specifica individuazione delle condotte che rientrano nel novero degli atti di terrorismo. Sulla base di questa norma alcuni dei ventidue avvocati processati sono stati arrestati una prima volta nel 2013 e quindi, dopo undici mesi di detenzione, liberati per essere  nuovamente arrestati nell’arco di 24 ore, dopo la sostituzione ed il trasferimento da parte del Ministero della giustizia turco dei magistrati che li avevano rimessi in libertà.  A seguito di una prima sentenza di condanna nel 2019 ed alla successiva istruzione di un nuovo processo, la collega Ebru Timtik iniziò uno sciopero della fame, conclusosi con la sua morte il 27 agosto 2020.


A novembre del 2022 anche il secondo processo è giunto al termine con condanne pesantissime: a Barkin Timtik, sorella di Ebru Timtik, è stata inflitta una condanna a 20 anni e 6 mesi di reclusione; ad Oya Aslan, una condanna a 16 anni e 6 mesi di reclusione; a Selçuk Kozagaçli, presidente di CHD ed in stato di detenzione preventiva da ben 9 anni, è stata inflitta una condanna a 13 anni di reclusione; a Taylan Tanay, 11 anni e 3 mesi di reclusione ed agli altri imputati sono state inflitte condanne  a pene di poco inferiori a 10 anni di reclusione; due posizioni sono state stralciate ed è stata pronunciata l’estinzione del procedimento per Ebru Timtik essendo, nel frattempo, deceduta in carcere.
Nel corso delle udienze alle quali hanno assistito i nostri colleghi Fausto Pelizzari ed Adriana Vignoni come osservatori internazionali, gli imputati Selçuk Kozagaçli, Barkin Timtik ed Oya Aslan hanno reso lunghe ed articolate dichiarazioni, nelle quali sono dagli stessi state ribadite le prerogative del diritto di difesa ed il ruolo dell’avvocato come soggetto della giurisdizione.
“Ci siamo trovati di fronte ad enormi contraddizioni. Siamo stati portati nella cittadella giudiziaria di Sliviri, che ospita un carcere per 25.000 detenuti e una vera e propria cittadina per ospitare la guarnigione di agenti di custodia e le loro famiglie, completa di negozi e moschea, con un palazzo di giustizia con tre aule enormi (cinque volte la nostra polifunzionale) e una mega aula grande come un campo da calcio” ci dice il presidente Fausto Pelizzari. “L’udienza si svolge con l’ausilio di sistemi informatici all’avanguardia; eppure, a fronte della tecnologia, abbiamo assistito ad un processo svoltosi in assenza di contraddittorio (i testimoni sono stati sentiti senza possibilità di controesame).” Aggiunge l’avv. Pelizzari: “Umanamente siamo rimasti impressionati dalla determinazione e dal coraggio dei colleghi turchi. L’avv. Barkin Timtik, sorella di Ebru Timtik, ha dapprima dichiarato che “mia sorella è morta per difendere l’onore della nostra professione”, prima di rivolgersi senza paura alla corte “preferisco morire piuttosto che essere giudicata da voi”.


Aggiunge l’avv. Adriana Vignoni: “Partecipare a tali udienze è stata un’esperienza molto forte e commovente: nonostante i lunghi anni di detenzione preventiva, ben 9 per Selcuk Kozagacli e 5 per Bakrim Timtik ed Oya Aslan, i colleghi hanno espresso con una dignità che la loro ingiusta reclusione non è riuscita a piegare, l’importanza del loro ruolo sottolineando di essersi sempre e solo limitati a rappresentare e difendere dei cittadini accusati dal regime di Erdogan. Consapevoli che il processo si sarebbe certamente concluso con una condanna, tutti i colleghi detenuti, a testa alta davanti alla Corte che li giudicava, hanno evidenziato come il processo si fondasse sulla menzogna, su prove inesistenti che un giudice indipendente non avrebbe potuto prendere in considerazione. Proprio Bakrim Timtik ha apertamente affermato che, pur se fosse stata condannata, la presenza in aula di tanti colleghi, sia come osservatori internazionali sia in rappresentanza degli ordini forensi turchi, testimoniava la loro vittoria nei confronti di un Tribunale non indipendente e subalterno al Ministero della giustizia.”


La lettura del dispositivo della sentenza, avvenuta solo dopo una breve camera di consiglio, con le condanne inflitte a ciascuno degli avvocati accusati di terrorismo, ha preceduto solo di pochi minuti la notizia diffusa dalla TV di Stato in cui si comunicavano alla popolazione le pesanti pene inflitte; ciò a conferma che l’esito del processo era davvero già scritto e che i colleghi condannati potranno unicamente   confidare sulla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo alla quale, tuttavia, potranno rivolgersi solo dopo aver esaurito tutti i gradi di giudizio interni e, quindi , tra molto tempo. Nel frattempo rimarranno in stato di detenzione solo per aver rivendicato il diritto di esercitare liberamente la professione.


il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Brescia

 

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Brescia, 2 dicembre 2022

 

 

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